Come far scappare le persone davanti a un vino – con Tinto di Decanter Radio2
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Chiamiamolo storytelling del vino o come ci pare. Le parole arrivano quasi sempre prima di tutto: e possono far avvicinare o far scappare chi sta ascoltando. Ne parliamo con Nicola Prudente, in arte Tinto, quello di Decanter su Radiodue, conduttore e autore radiofonico e televisivo.
Per Tinto le parole hanno un potere unico ma a volte con l’enogastronomia e il vino si commette l’errore di essere autoreferenziali. Sì dà per scontato che chi è dall’altra parte abbia le tue stesse competenze. Ma non è così.
Tu potresti avere davanti più persone possibili ma poi queste persone scappano perché non riescono a comprenderti, quindi il problema sei tu che non sei capace di comunicare: allora lì devi fare uno sforzo.
Prendi Sgarbi: lo senti parlare di Michelangelo o di un altro grande interprete dell’arte italiana e ti innamori. Prendi invece il classico professore che non è brillante, non ha ritmo e magari te lo descrive in modo noioso. Ma come pretendi che chi sta davanti si appassioni? La stessa cosa vale per l’enogastronomia e il vino.
E’ una peculiarità tutta italiana questo modo di vivere la cultura. Pensa all’ambito accademico, al cattedratico, al “barone” che magari all’università non vedevi mai o alla cerimonia di apertura con gli ermellini e le toghe. È sempre tutto molto barocco da noi. E anche nel vino, purtroppo, a noi piace un po’ questo club per pochi, in cui più si parla difficile più le persone non capiscono.
Note alla puntata:
Obbiettivo educazione
Non solo video, instagram, snapchat: meglio la radio e le parole che la tv
La leggerezza e l’educazione
Twitter e Belen Rodriguez
Non ci si può opporre al cambiamento
Ma se ti portano un piatto al ristorante non perderti la spiegazione perché devi fare la foto
L’originalità della storia
L’educazione enogastronomica per la salute e per la dimensione sociale
Sommelier ma non troppo – corretto abbinamento tra cibo e vino
Federazione Italiana Sommelier Roma – Bibenda
Puoi ascoltare l’intervista audio, cliccando in alto in questo articolo. Qui sotto c’è la completa trascrizione.
Tinto: Ciao Stefano!
Stefano: Ciao Tinto. È un grande piacere averti qui, a Wine Internet Marketing, perché ci occupiamo di comunicazione del vino: abbiamo parlato con direttori di testate, con giornalisti autorevoli in tv, ma come si fa a occuparsi di comunicazione del vino senza aver parlato con Nicola Prudente, in arte Tinto? Perché – lo sanno tutti, le persone che ci ascoltano – siete molto popolari, vi rivolgete a così tante persone, e quindi ecco, ti ringraziamo per la tua disponibilità.
Tinto: No, anzi, io ringrazio voi, tutti quelli che ci stanno ascoltando e il piacere è tutto mio.
Stefano: Bene, grazie. Senti, allora, come ti dicevo prima di questa intervista, io parto citando alcune cose della fonte Wikipedia, se sono sbagliate me lo dirai. Nel 2016 tu e Fede avete ricevuto anche un premio per la diffusione della cultura enogastronomica, il Premiolino, no? Un premio importante.
Tinto: E non si sono sbagliati, perché quando ce l’hanno comunicato, che vincevamo il Premiolino, premiazione a Palazzo Marino, ho detto: vabbè, adesso vedrai che è un errore, una bufala. Poi normalmente noi siamo i primi a fare gli scherzi, questa volta lo scherzo ce l’hanno fatto. Invece per ora pare che sia tutto vero: siamo stati a Milano, l’abbiamo ritirato ma quando ho letto chi l’aveva ricevuto in passato, “Sì, ma Fede&Tinto che c’entrano” …un enorme piacere ci ha fatto.
Stefano: Certo, immagino. Tra l’altro – sempre Wikipedia – secondo una ricerca, la vostra popolarità è scontata, però qualcuno dice che addirittura siete davanti a Linea Verde e Masterchef su Sky. Insomma, al di là di questo, al di là poi delle classifiche che lasciano alle volte il tempo che trovano, ma quello che mi interessava: una bella soddisfazione immagino, ma anche una bella responsabilità rispetto a quello che si fa…
Tinto: Mah, allora. Vista adesso, è facile e semplice. Però, io lo dico a te Stefano, ma lo dico anche a chi ci sta ascoltando: la cosa andrebbe vista tredici anni fa. Tredici anni fa, ricordiamoci che la bolla enogastronomica ancora non era esplosa, d’altra parte noi adesso stiamo chiacchierando su un mezzo e stiamo chiacchierando di enogastronomia. Tantissimi anni fa questa cosa qua era impensabile, tantissimi anni fa i quotidiani non avevano la pagina dedicata all’enogastronomia. Slow Food non era così organizzato e così importante come oggi. Il Salone del Gusto, la prima edizione è stata nel 2006, quindi voglio dire, non c’erano così tanti programmi, così tanti talent. Sicuramente uno come Massimo Bottura, che da pochi giorni ha vinto come miglior chef del mondo, lo deve anche a questa grande bolla, questa panna che è montata negli anni, che vede l’enogastronomia italiana protagonista. D’altra parte c’è stato anche Expo che ha contribuito, e quindi sai, Decanter un conto è vederlo oggi, perché noi siamo stati i primi e siamo, ad oggi, gli unici in radio che parlano di enogastronomia quotidianamente. Non ci sono tante altre trasmissioni. Siamo anche molto amici di Davide Paolini, Il Gastronauta su Radio24, però noi siamo quotidiani: è stata una bella scommessa, però diciamo che la sfida possiamo dire che è vinta. Ci vuole un po’ di lungimiranza e un po’ di fortuna.
Stefano: Certo. E infatti trovo molto interessante questa cosa. Qua ci interessano spesso le storie personali, no? E quindi allora proviamo ad andare indietro, per capire la tua prospettiva: tu, allora, conduttore radiofonico, televisivo ovviamente, autore di programmi… come si è sviluppata questa cosa nel vino? Cioè, tu dici “È stata una scommessa” ma, per te, come sei arrivato a giocarti questa carta?
Tinto: Guarda, allora, il mio percorso di studi è stato legato comunque sempre al mondo della comunicazione, perché mi sono laureato in Scienze della Comunicazione a Milano. Poi ho fatto un master a Roma, però diciamo sempre in ambito di marketing e comunicazione. Ma io, uscito dall’università, facevo dell’altro: ho lavorato come Junior Accounting in una società di eventi, poi ho lavorato come responsabile nel settore operativo di un importante tour operator. Poi, proprio in quell’occasione, questo tour operator fece un accordo con Radio2 per trasmettere dai propri villaggi, e quindi quello è stato poi il gancio, il passe-partout che mi ha permesso di proporre una trasmissione – io e Fede poi abbiamo da sempre lavorato insieme – e quindi ci è andata bene. Ma ti assicuro che il fatto di poter parlare di enogastronomia è arrivato dopo, perché all’inizio quello che facevamo noi era una trasmissione turistica, dal titolo “Il Tropico del Cammello”, troppo forti della nostra esperienza in ambito turistico, e quello era l’argomento. Poi dopo, casualmente, è nata una trasmissione radiofonica il cui argomento era l’enogastronomia, ma ti assicuro che all’inizio…
Stefano: È stata una scelta editoriale a monte, una passione anche vostra?
Tinto: È stata una serie di fattori, una serie di combinazioni, perché ci avevano chiesto un’idea per l’inverno dopo aver fatto due stagioni di estate con questo programma su Radio2 che si chiamava “Tropico del Cammello”, ma il turismo non può reggere tutto l’anno: è un programma che aveva l’obiettivo proprio di promuovere le località di vacanza. Infatti noi andavamo di estate, andavamo solo nel periodo di Pasqua e poi andavamo nel periodo natalizio: eravamo un palinsesto in sostituto dei Conigli, per cui una fascia anche prestigiosa. Poi, l’allora direttore di Radio2 disse: “Perché non ci proponete un’idea per l’inverno?”. Noi all’inizio volevamo fare un talk-show politico, che poi con gli anni è arrivato – c’è infatti su Radio2 con Un giorno da pecora – però la nostra idea era quella di parlare di temi legati alla politica mettendo in contrapposizione l’uomo della strada al grande politico, per cui sdrammatizzare un poco la politica. Magari ad oggi, se ci fosse andata bene quella, oggi erano nelle condizioni di chiudere La Pecora, ma chi può dirlo. Alla fine ci è andata bene anche così.
Stefano: Avreste bevuto molto peggio, però. E mangiato molto peggio.
Tinto: Avremmo sicuramente mangiato molto peggio, e credo che il mondo enogastronomico sia molto più affascinante. Poi da lì sono arrivati anche altri programmi, quindi altre esperienze che magari con la politica, come tema portante, non sarebbero arrivate. E quindi abbiamo fatto negli anni “Linea Verde Orizzonti” su Rai 1, un programma dedicato al turismo però si parlava anche di enogastronomia, che era “Magica Italia”, sempre su Rai 1. Poi siamo passati a La7, dove abbiamo fatto un programma dal titolo “Fuori di Gusto”, una visione un po’ rock un po’ pop del mondo enogastronomico. Poi quest’anno “La Prova del Cuoco”, sempre su Rai 1. Poi io su Rai 2 ho fatto prima “Un Pesce di Nome Tinto”, un programma dedicato al consumo responsabile del mare, del pesce, tutta la filiera. E poi quest’anno “Frigo”, che poi riprenderà nel nuovo anno…
Stefano: Ah, questa è una buona notizia! Riprenderà.
Tinto: Sì, sì. Riprenderà. Proprio in questi giorni ci sono le prime riunioni produttive, ed è proprio il programma la cui mission è l’educazione alimentare. Quindi insomma, alla fine, poi, aver cavalcato questo tema ci ha portato lontano e ci porterà magari ancora più lontano, ecco.
Stefano: Siete stati bravi. Senti, prova a raccontarci: il discorso Decanter, e poi Decanter Sommelier. Quando avete cominciato questa cosa, qual è stato l’obiettivo che vi eravate dati nel fare Decanter Sommelier?
Tinto: Allora, il nostro è sempre un obiettivo di educazione. Come ti dicevo prima, con Frigo, è l’educazione alimentare giovanile. Con Decanter l’educazione alimentare è, diciamo, per tutti. Con “Sommelier ma non troppo” siamo partiti dalla radio facendo appunto un corso gratuito scaricabile in podcast per chi fosse appassionato, ma anche per chi magari ha solo la curiosità, magari parte dall’ascolto di un corso e si iscrive a un corso vero. Noi non lo diciamo che questo corso vuole sostituire gli altri. È chiaro che un conto è una cosa, sentirla alla radio, un conto è un qualcosa di rapido che fai con i docenti. Però, sai, la curiosità la puoi attivare anche con le parole. Da lì, il corso è andato così bene, era in classifica ai primi posti di iTunes per quanto riguarda il numero di podcast scaricati, e Rai Eri ci ha chiesto di fare un libro, e adesso siamo usciti col secondo libro: il primo è “Sommelier ma non troppo”, il secondo è “Sommelier ma non troppo: il corretto abbinamento fra cibo e vino”, quindi ci siamo concentrati soprattutto sull’abbinamento, sulle tecniche di abbinamento. Ma in modo pop, in modo rock, cioè come lo facciamo noi, dove comunque se capita la battuta, ci sta. Con quel tema leggero, non da grande gourmet. E quella è un po’ la nostra forza, specificità: noi non ci sostituiamo ai sommelier o ai cuochi o ai gourmet, noi stiamo in mezzo, facciamo parlare gli altri e cerchiamo di avvicinare il grande pubblico ai temi dell’enogastronomia.
Stefano: Ecco. Quindi è un posizionamento ben preciso che è appunto molto interessante. Allora, io ho attraversato un po’ tutte le cose che avete fatto. Quando preparavo l’esame da sommelier mi ascoltavo i vostri podcast correndo, soprattutto quelli dedicati al vino: quegli approfondimenti che avevate chiamato un po’ master, sulle varie zone, territori in Italia o anche all’estero. Poi ho comprato il libro che ovviamente, come dicevi tu, non ha la pretesa di sostituirsi a un manuale, ma appunto, per quel target, per quel tipo di persona che, dicevi tu, magari vuole approfondire un po’, capire qualcosa in più, è molto interessante e copre benissimo quella posizione che ci hai appena raccontato. Senti, con tutte queste persone con cui state quotidianamente in contatto, che cosa avete capito di queste persone? Chi sono, cosa fanno, cosa vogliono…? C’è questo aspetto di educazione che a voi preme molto, il trasmettere dei valori. Ma avete capito qualcosa, anche di più, insomma? Che cosa avete imparato in questi anni, da questo?
Tinto: Allora, diciamo, chi lavora nel mondo dell’enogastronomia a volte commette l’errore di essere troppo autoreferenziale, quindi dai per scontato che ci stia dall’altra parte abbia delle competenze, ma non è così. Come nel caso del vino: il sommelier che riesce a ritrovare nel bicchiere determinati sentori, retrogusti… a parte le informazioni tecniche di base, perché tu, cos’è il metodo classico lo devi sapere a priori, però poi quando fai l’analisi sensoriale c’è anche molto esercizio: anche gli stessi sommelier con cui abbiamo collaborato sia per il libro sia per il corso alla radio “Sommelier Ma Non Troppo”, magari vent’anni fa avevano meno esperienza, erano meno bravi. Con gli anni e con l’esperienza hanno affinato i loro cervelli, quindi le loro competenze: è un lavoro molto pratico, però io dico sempre che quando ci sono delle distrazioni e c’è il sommelier che tira fuori dei sentori particolari, io dico sempre: voi buttatevi, sentite quello che dice, e poi cercate di riprovarli anche voi. Perché se lui dice “glicine”, magari lui lo riconosce da prima, ma voi, provando a concentrarvi, il sentore cioè quel tipo di aroma dentro il file della memoria del glicine voi ce l’avete, perché siete già entrati in contatto con il glicine. Ma magari non è così immediato come per un sommelier. Ognuno nel proprio lavoro ha delle specificità. La differenza è che rispetto ad altri settori, tu non puoi non mangiare e non bere. Oddio, puoi essere astemio, però non mangiare è impossibile, quindi… che ne so, se uno è un medico, saprà tutto ovviamente sulla medicina, ma di altri campi ne sa un po’ meno, e può non occuparsene. Per dire: è medico, non gli piace il pallone, può non essere esperto in pallone, e può anche continuare a vivere senza esserlo. Mentre, di enogastronomia, ok, puoi essere astemio, non bere, ma comunque senza gastronomia è una vita triste. Quindi bene o male qualche nozione di base la devi avere, oltretutto hai anche dei risvolti sulla salute, che non vanno mai tralasciati.
Stefano: Certo. Quindi per voi parlare di gastronomia è stato il modo più semplice o forse diretto, per ripartire dall’esperienza comune delle persone e poi arrivare a parlare di vino ma appunto ingaggiandole sull’enogastronomia. E’ il vostro storytelling del vino?
Tinto: Sì, sì. Assolutamente. Poi cibo e vino vanno sempre a braccetto.
Stefano: Beh, del resto… sommelier si è per questo. Senti, guarda, ti farei insistere su questo punto che hai citato prima, sulla questione di questa che tu chiami “leggerezza”, la questione del linguaggio, del tono di voce, perché spesso ancora tu dicevi anche di fare educazione. Molto spesso sembra che sia impossibile fare educazione, e che educazione e leggerezza sembrano siano due cose che non stiano insieme, no? Anch’io sono un giornalista, ma penso che chiunque, in qualche modo, anche i produttori che devono raccontare il proprio vino, l’importanza di quello che fanno, la complessità di quello che fanno… molto spesso veniamo presi dall’importanza di quello che vogliamo dire, ci sembra tutto importante, aggiungiamo particolari, informazioni, schiacciamo al massimo tutto quello che dobbiamo dire in una conversazione, in una comunicazione o presentazione. Ma poi non necessariamente funziona così, che tanta roba, tanta profondità, tanta complessità ci faccia tenere attiva l’attenzione delle persone a cui ci vogliamo rivolgere. Qual è il segreto?
Tinto: Mah, dipende sempre da chi hai di fronte, però, ripeto, è un peccato, perché alla fine quando tu potresti avere davanti più persone possibili, poi queste persone scappano perché non riescono a comprenderti, quindi il problema magari è che sei tu non a non essere capace di comunicare, allora lì devi fare uno sforzo. Prendi per esempio Sgarbi: tu senti parlare Sgarbi di Michelangelo o un altro grande interprete dell’arte italiana, tu ti innamori di quel quadro o di quel dipinto perché Sgarbi ha una capacità comunicativa unica. Se tu invece magari prendi il classico professore universitario o non, un po’ agée, che non è brillante, non ha ritmo, e magari te lo descrive in modo noioso: ma come pretendi che questo che ti sta davanti ti appassioni a quel tema? E quindi la stessa cosa vale per l’enogastronomia. Ma è anche una peculiarità nostra italiana, cioè, d’altra parte pensa anche all’ambito accademico: cioè, io faccio l’università e c’era il professore, l’accademico, il cattedratico, il titolare, che magari non vedevi mai, non veniva, il “barone”. Anche solo la cerimonia di apertura degli anni accademici c’erano tutti i professori con l’ermellino, la toga. È sempre molto barocco, ma è un modo nostro di vivere forse i vari ambiti della cultura. Se tu già vai negli Stati Uniti, non è così.
Stefano: Un po’ più rilassato. Un po’ più easy.
Tinto: È rock, un po’ più easy, ma...
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