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ANNA DEI MIRACOLI di Ana Juan (focus)

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vedi libro: www.libri.it/anna-dei-miracoli

Dopo Blind di Lorenzo Mattotti e Lucia di Roger Olmos, Anna dei miracoli è il terzo volume della collana CBM #logosedizioni, nata con il preciso scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della disabilità visiva, utilizzando un linguaggio universale, quello dell’illustrazione, per creare empatia a partire dal principio di inclusione. È una collana rivolta ai bambini, e non solo, che vuole mostrare realtà sensibili per e con i loro occhi. A tal proposito, il tema dello sguardo e della visione attraversa e struttura ogni pagina di questo libro, che racconta una storia vera. Helen Keller rimase sordocieca all’età di due anni in seguito a una misteriosa malattia. Per rappresentare graficamente la sua condizione, Ana Juan immagina un nugolo di farfalle nere che ricoprono gli occhi e le orecchie della bambina, le cingono il capo, ottundendole i sensi. In questo tremendo isolamento, Helen sviluppò un carattere irascibile e difficile. Grandi occhi la osservano da lontano, a volte tristi, a volte preoccupati ma sempre vigili e presenti: è lo sguardo amorevole dei genitori che non abbandonava mai la piccola, pur nell’impossibilità di stabilire un contatto comunicativo con lei.

Dal nord arriva un’istitutrice, novella Mary Poppins, indossando spessi occhiali scuri: Anne Sullivan era ipovedente e conosceva bene il tema della disabilità visiva che viveva sulla sua pelle. La cronaca è nota: mentre Kate Keller, madre di Helen Keller, era alla ricerca di una soluzione per poter educare la figlia sordocieca, venne a conoscenza del caso di Laura Bridgman dalle pagine di America di Charles Dickens. Così decise di assumere un’insegnante che avesse studiato alla stessa scuola, l’istituto per ciechi Perkins, e le venne assegnata Anne Sullivan. Anne insegnò l’alfabeto manuale a Helen, che divenne un caso molto celebre nella formazione delle persone affette da cecità e sordità. Tra Helen e Anne inizia una durissima lotta corpo a corpo che diventerà finalmente una relazione e un dialogo: oltre alle immagini che ritraggono la fisicità di questa difficile relazione, la simbologia della luce (il colore dorato) che prevale lentamente sul buio (il colore nero) diventa presto un’immagine del trionfo della conoscenza. Quando Anne riuscì a infrangere la campana di vetro che isolava Helen dal mondo, insegnandole il linguaggio dei segni, si risvegliò nella bambina un’insaziabile sete di conoscenza, che la portò a diventare la prima persona sordocieca a laurearsi nel 1904. Helen divenne poi un avvocato impegnato della difesa della pace e dei diritti delle donne e dei disabili. Anne le fu sempre accanto, fino alla sua morte, avvenuta nel 1936. Al di là del dialogo tra il nero e l’oro, tra il buio e la luce, un unico tocco di colore blu viene impiegato per rappresentare l’acqua, nell’episodio cruciale (e per questo anche assai famoso) che cambiò per sempre la vita della protagonista. ‘Acqua’ fu la prima parola che, tramite il linguaggio dei segni, Helen riuscì finalmente ad associare a qualcosa di concreto, imparando così che era possibile dare un nome a tutte le cose. Il libro si chiude con un breve approfondimento, semplice e accessibile anche ai bambini, sulla vita delle due protagoniste e sul linguaggio dei segni, che fu lo strumento di emancipazione di Helen rispetto alla sua cecità, e con una postfazione di Massimo Maggio, direttore di CBM Italia Onlus... continua

Rossella Botti

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Dopo Blind di Lorenzo Mattotti e Lucia di Roger Olmos, Anna dei miracoli è il terzo volume della collana CBM #logosedizioni, nata con il preciso scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della disabilità visiva, utilizzando un linguaggio universale, quello dell’illustrazione, per creare empatia a partire dal principio di inclusione. È una collana rivolta ai bambini, e non solo, che vuole mostrare realtà sensibili per e con i loro occhi. A tal proposito, il tema dello sguardo e della visione attraversa e struttura ogni pagina di questo libro, che racconta una storia vera. Helen Keller rimase sordocieca all’età di due anni in seguito a una misteriosa malattia. Per rappresentare graficamente la sua condizione, Ana Juan immagina un nugolo di farfalle nere che ricoprono gli occhi e le orecchie della bambina, le cingono il capo, ottundendole i sensi. In questo tremendo isolamento, Helen sviluppò un carattere irascibile e difficile. Grandi occhi la osservano da lontano, a volte tristi, a volte preoccupati ma sempre vigili e presenti: è lo sguardo amorevole dei genitori che non abbandonava mai la piccola, pur nell’impossibilità di stabilire un contatto comunicativo con lei.

Dal nord arriva un’istitutrice, novella Mary Poppins, indossando spessi occhiali scuri: Anne Sullivan era ipovedente e conosceva bene il tema della disabilità visiva che viveva sulla sua pelle. La cronaca è nota: mentre Kate Keller, madre di Helen Keller, era alla ricerca di una soluzione per poter educare la figlia sordocieca, venne a conoscenza del caso di Laura Bridgman dalle pagine di America di Charles Dickens. Così decise di assumere un’insegnante che avesse studiato alla stessa scuola, l’istituto per ciechi Perkins, e le venne assegnata Anne Sullivan. Anne insegnò l’alfabeto manuale a Helen, che divenne un caso molto celebre nella formazione delle persone affette da cecità e sordità. Tra Helen e Anne inizia una durissima lotta corpo a corpo che diventerà finalmente una relazione e un dialogo: oltre alle immagini che ritraggono la fisicità di questa difficile relazione, la simbologia della luce (il colore dorato) che prevale lentamente sul buio (il colore nero) diventa presto un’immagine del trionfo della conoscenza. Quando Anne riuscì a infrangere la campana di vetro che isolava Helen dal mondo, insegnandole il linguaggio dei segni, si risvegliò nella bambina un’insaziabile sete di conoscenza, che la portò a diventare la prima persona sordocieca a laurearsi nel 1904. Helen divenne poi un avvocato impegnato della difesa della pace e dei diritti delle donne e dei disabili. Anne le fu sempre accanto, fino alla sua morte, avvenuta nel 1936. Al di là del dialogo tra il nero e l’oro, tra il buio e la luce, un unico tocco di colore blu viene impiegato per rappresentare l’acqua, nell’episodio cruciale (e per questo anche assai famoso) che cambiò per sempre la vita della protagonista. ‘Acqua’ fu la prima parola che, tramite il linguaggio dei segni, Helen riuscì finalmente ad associare a qualcosa di concreto, imparando così che era possibile dare un nome a tutte le cose. Il libro si chiude con un breve approfondimento, semplice e accessibile anche ai bambini, sulla vita delle due protagoniste e sul linguaggio dei segni, che fu lo strumento di emancipazione di Helen rispetto alla sua cecità, e con una postfazione di Massimo Maggio, direttore di CBM Italia Onlus... continua

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